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La composizione è, nel Medioevo, il mestiere dell’artigiano – soggetto per lo più anonimo. Diverrà, cinque secoli dopo, in pieno Romanticismo, l’infusione della scintilla divina: il luogo adimensionale dove l’artista si sforza di appagare il proprio sentimento di infinito e riceve l’intuizione di un’esistenza più grande. «Chi ha assaporato l’onda cristallina che, impercettibile ai sensi comuni zampilla nel grembo oscuro del tumulo, ai cui piedi s’infrange il flutto terrestre […] non torna al travaglio del mondo» scriveva Novalis nel quarto dei suoi Inni alla Notte. Il poeta romantico (e il simile potrebbe dirsi di qualsiasi artista) è tornato a raccogliere «i canti da sorgenti che sgorgano miele in certi giardini e convalli delle Muse» e si pone sotto l’influsso di un dio; è, ogni volta che compone, «invasato e fuori di senno», proprio come lo descriveva – prendendone le distanze tanto quanto l’atto della composizione si svelava estraneo al ragionamento e alla scienza – il Socrate-Platone dello Ione. Ut poesis pictura: qui e là, l’equilibrio sta in mezzo. Lo va a cercare – l’equilibrio – il Rinascimento della divina proportio (Luca Pacioli, 1497) e della prospettiva, da calcolarsi geometricamente per far da teatro a una ben regolata pittura (Piero della Francesca, 1477-81), al punto che, mentre aspira alla consistenza della terza dimensione, la composizione diviene commensuratio; è proporzione, è costruzione. Avant-project dell’esecuzione e suo precordio, la composizione è nel Rinascimento azione armonizzatrice dell’intelletto. Per mezzo di una sapiente composizione, e non altrimenti, si raggiunge la meta della bellezza, risultato di «leggiadria» e di «grazia» (Leon Battista Alberti, De pictura), ordine, accordo, «consenso e concordanza delle parti in qualsivoglia cosa, in cui dette parti si ritrovano» (L.B. Alberti, De re aedificatoria, IX). L’arte riposa su leggi, regole, misure: è questo il cambio di senso che il Rinascimento introduce sul ceppo “pratico” della composizione, prima, molto prima, che essa diventi – come accadrà nel Novecento – il dominio di iperspecialistiche tecniche e competenze.
Stefano Termanini, direttore responsabile GUD
Descrizione
“Tanto si intenda la composizione di un’opera come l’azione del passare dalle premesse alle conseguenze, e quindi al prodotto artistico, secondo regole o assiomi, quanto la si voglia considerare qualcosa che agisce attraverso una forma di risonanza, una sorta di progressivo coinvolgimento, ordinando la materia dei fatti verso l’obiettivo di un prodotto, si dovrà comunque riconoscere di trovarsi di fronte a un processo poco lineare.
Uno dei principi centrali della semantica moderna porta il nome di chi lo enunciò, il filosofo tedesco Gottlob Frege, e il suo assunto spiega che il significato di un enunciato è funzione del significato delle sue parti e delle sue regole di composizione. In altre parole, tale principio ci suggerisce come con un numero finito di espressioni si possa costruire un numero altissimo di enunciati.”
[dalla call di Valter Scelsi, Università di Genova].