GUD Design 04 | 02_2021 “Orizzonte”

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Riflettendo su «Orizzonte», tema-sollecitazione e parola-chiave, l’esercizio di spingersi oltre, pur con scientifica e posata libertà, travalicando i confini delle specializzazioni, faceva parte delle premesse. Come una naturale espansione. Di orizzonte, in questo secondo numero della serie ordinaria di GUD 2021, abbiamo avuto modo di invitare a scrivere a partire dalla suggestione – una suggestione totale e “a maglie larghe” – di cui Marco Aime ci ha fatto dono. È suo il testo della call. Vi si tratta di orizzonte come matrice di possibilità, anche più che come limite (che pure è). Oltre l’orizzonte, vale a dire dall’altra parte dell’orizzonte, a lungo si è creduto che potesse celarsi la ragione per cui, da questa parte dell’orizzonte, le cose accadevano così come accadevano.

L’orizzonte, ogni orizzonte, è di per sé gravido di interrogativi e stimoli. Quello di mettersi in cammino e andare è fra i primi, perché – come Marco Aime ricorda, riprendendo Leroi-Gourhan – il mondo si scopre con i piedi. Poi c’è la linea: la più pura e la più primitiva delle linee pure. In principio e cioè prima che l’uomo acceda a qualunque esercizio di astrazione, di forme pure il cielo ne offre almeno due: il cerchio della Luna e del Sole, il punto delle stelle. La Terra, invece, di forme pure non ne ha nessuna: esse sono celesti. Tranne la linea, che è l’orizzonte. L’uomo del principio dovette percepirlo come a metà via: mezzo terrestre e mezzo celeste.

Stefano Termanini, direttore responsabile GUD

Descrizione

L’intera storia dell’umanità, anche se con intensità diverse, è segnata dalla ricerca del nuovo, dello sconosciuto, dell’ignoto. Raggiungere, cioè, o superare un orizzonte. È stata proprio questa voglia di scoperta, che ha fatto sì che da insignificante animale della savana, divenissimo Homo Sapiens. Ed è curioso che tutto sia iniziato con un cammino. Il grande paleontologo André Leroi-Gourhan, scrive a un certo punto del suo libro più bello, Il gesto e la parola, «tutto avremmo sospettato, fuorché essere cominciati con i piedi»[1], per poi concludere che la storia dell’umanità è fatta con i piedi.

Se non fosse grazie alla volontà (e alla necessità) di ricercare di terreni nuovi per sopravvivere, manifestata da qualche nostro lontanissimo antenato, noi oggi saremmo ancora tutti in una torrida depressione dell’Etiopia, dove è nata la nostra specie. Invece, passo dopo passo, i nostri lontani “nonni” si sono spinti fuori dal continente africano e hanno poco a poco colonizzato l’intero pianeta.

Siamo iniziati in cammino e abbiamo continuato a esserlo: l’intera storia dell’umanità è fatta di spostamenti, migrazioni, scoperte. Quello che accade oggi, quando sentiamo parlare di migranti, non è altro che il proseguimento di una lunga catena di movimenti in cerca di condizioni migliori.

[1] A. Leroi-Gourhan, Il gesto e la parola, Einaudi, Torino, 1977, p. 78.

[dalla call di Marco Aime, antropologo].

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